L’arresto cardiaco improvviso
Si tratta dell’improvvisa sospensione dell’arrivo del sangue al cervello causata dal cuore che si ferma.
Per fortuna spesso tale sospensione è passeggera e può dare semplicemente uno svenimento. Quando invece è “definitiva” viene chiamata morte improvvisa o sudden death dagli anglofoni. Oggi si preferisce chiamarla arresto cardiaco improvviso il quale non è sempre terminale, ossia inesorabile, perché oggi ne sappiamo di più e con una pronta rianimazione possiamo intervenire e salvare molte vite.
La morte improvvisa cardiaca è da sola responsabile del 50% dei decessi ogni anno per patologie cardiache. Con i circa 50 – 60.000 morti ogni anno, sette volte le vittime degli incidenti stradali, la morte improvvisa cardiaca è un evento tutt’altro che raro in Italia.
L’alta mortalità è dovuta al fatto che spesso l’arresto cardiaco non dà sintomi precoci evidenti e risulta pertanto difficile da pronosticare, soprattutto in assenza di accertamenti clinici. Nella grande maggioranza dei casi (80-90%) all’origine della morte improvvisa c’è una cardiopatia ischemica, ovvero un diminuito afflusso di sangue al muscolo cardiaco per ostruzione delle arterie coronarie dalla presenza di placche di grasso. Il muscolo cardiaco tenta di “compensare” tale mancanza di flusso coronarico inviando una sequenza di impulsi elettrici che provocano pericolose aritmie, tipicamente la tachicardia ventricolare, contrazioni troppo frequenti dei ventricoli e la fibrillazione ventricolare, in cui i ventricoli del cuore vibrano invece di contrarsi; tali aritmie conducono in breve a un arresto cardiaco.Molto minore l’incidenza di arresto cardiaco da abbassamento della frequenza cardiaca.
Bisogna quindi agire meccanicamente prontamente per mantenere l‘afflusso di sangue (uguale ossigeno) all’organismo tramite l’attivazione della pompa del cuore, quindi con ventilazione forzata e massaggio cardiaco (RCP Rianimazione Cardiopolmonare), tenendo presente che per ogni minuto che passa senza ricevere alcun intervento la percentuale di sopravvivenza si riduce del 10 per cento (dopo 10 minuti senza RCP la morte cerebrale diventa irreversibile). Per ripristinare la corretta attività elettrica del cuore è necessario operare mediante un defibrillatore. Se si interviene con questo strumento entro 5 minuti dall’arresto cardiaco, il paziente ha una percentuale di sopravvivenza del 50%, mentre se non viene trattato si va verso la morte irreversibile. Ecco perché è fondamentale attivarsi per dotare ogni impianto sportivo e luogo pubblico in genere di defibrillatori semi-automatici, in grado cioè di poter essere usati anche da personale laico.
Altre cause comuni di morte improvvisa cardiaca sono le malattie a carico del cuore, come la miocardiopatia ipertrofica, la miocardiopatia dilatativa idiopatica e la displasia aritmogena del ventricolo destro. Fra i fattori di rischio si segnala l’infarto miocardico pregresso.
Con minore frequenza, la morte improvvisa cardiaca è provocata da altri fattori, principalmente alterazioni, in larga parte congenite ma a volte causate anche da farmaci o l’assunzione di alcool e droghe, dell’attività elettrica del cuore strutturalmente sano, che predispone allo sviluppo di tachiaritmie ventricolari e arresto cardiaco. Fra le più diffuse ci sono la sindrome di Brugada e la sindrome del QT lungo, legate a un’anomala ripolarizzazione del sistema elettrico del cuore, ossia la fase in cui si prepara l’impulso per un nuovo battito.
Nella sindrome del QT lungo questa fase dura più a lungo del necessario, mentre in quella di Brugada si assiste a una riduzione della corrente depolarizzante. Entrambe le sindromi sono curabili se diagnosticate per tempo.
Data la gravità, è bene saper riconoscere immediatamente i sintomi dell’arresto cardiaco. La prima a manifestarsi è la perdita di conoscenza entro 10-15 secondi per mancato apporto di ossigeno al cervello, seguita da assenza di respirazione, convulsioni e contratture muscolari, assenza di polso, dilatazione della pupilla, colorito grigio-azzurro. In questi casi è necessario chiamare immediatamente il 118 e attivarsi per una rianimazione cardiopolmonare, possibilmente coadiuvata da defibrillatore semi-automatico, in attesa dei soccorsi.
Soprattutto in presenza di familiarità con casi di morte improvvisa cardiaca, è consigliabile compiere accertamenti cardiologici al compimento dei 40 anni o all’insorgenza di sintomi quali aritmie, svenimenti frequenti, difficoltà respiratorie.
Solo con un’attenta prevenzione e un tempestivo intervento è possibile ridurre la mortalità da arresto cardiaco.